Il maggio di PastenaFabio PannozzoCi fu un periodo in cui l’Europa ed il Lazio erano in gran parte una grande foresta primigenia. Nel bosco sacro era custodito il grande spirito della vegetazione. Qui ancora i Latini veneravano il grande albero legato al culto di Diana nemorense.1 Poi venne un tempo in cui gli individui che vivevano prevalentemente nella foresta, sentirono il bisogno di trovare spazi aperti , osarono coltivare i campi, allevare bestiame. E’ più o meno in questo periodo che nacque il rito dell’albero che Pastena ,in provincia di Frosinone, rinnova ogni anno tra la fine di aprile ed il primo di maggio. In quella fase di passaggio da una economia predatoria , di caccia, ad una organizzazione sociale stanziale, si andava compiendo una nuova creazione, dal caos all’ordine. Un passo troppo grande e ardito per essere fatto senza la protezione di un’azione magica che con il suo ripetersi rassicurante, facesse prima da tramite e poi rendesse culturalmente consolidato , nella tradizione, il gesto. Ogni anno dal primo aprile Il Mastro di festa, un capofamiglia che soprintende a tutte le operazioni del maggio libera per i campi una giovenca segnata con una croce sulla fronte. Essa può andare ovunque e fare qualsiasi cosa. E’ sacra. Il gesto riconduce ai primordi dell’agricoltura, quando l’uomo comincia ad assumere un maggior controllo sulla natura e sente il bisogno di ingraziarsi l’ordine vegetale che egli altera . L’animale libero tra le messi da tagliare assume su di sé le colpe del mietitore, venendo poi sacrificato. E’ il concetto di “capro espiatorio”, che in fondo ha ripreso anche la religione cristiana, con il Cristo che prende su di sé le colpe del mondo. Ma il vitello sacro è una presenza costante in molte altri riti religiosi mediterranei e asiatici. A Loreto Aprutino, in Abruzzo la domenica di Pentecoste, un bue bianco adorno di una gualdrappa rossa e di fiocchi colorati precede la statua di San Zopito insieme ad uno zampognaro. Nella processione di San Michele a Vallecorsa (FR) un vitello bianco viene condotto in chiesa il giorno della festa. Già i romani introdussero dalla Frigia il culto di Attis, nato dal taglio del cipresso sacro tagliato e condotto in città (arbor intrat) e di Cibele, la dea madre-terra, protettrice della fertilità e signora degli animali, cui veniva sacrificata una giovenca. I due riti erano strettamente legati e si svolgevano in primavera. Il maggio di Pastena appare esso stesso essenzialmente un rito primaverile, unione tra la terra ed il cielo, propiziatoria per il raccolto, la crescita del bestiame, passaggio dalla vecchia alla nuova stagione. Natale , Carnevale e Maggio, nel ciclo dell’anno, segnano tutti momenti di passaggio e di incertezza, in un mondo capace di rovesciarsi ed in grado di rinnovarsi . 1 J. G. Frazer, Il ramo d’oro, Boringhieri, Torino 1976. |