Questo ripetersi rassicurante ha accompagnato quella che abbiamo chiamato per secoli la “civiltà contadina” che mostra adesso davvero le crepe nei confronti dell’era elettronica e di internet, di un nuovo mondo che sembra fondarsi sul virtuale , sull’etere , qualcosa che ha poco a che fare con la “zolla” cui fa spesso riferimento Pietro Ingrao quando cita l’appartenenza al mondo contadino.2 Ma il maggio di Pastena è essenzialmente un gesto fondativo di un nuovo ordine, come si diceva, in cui il vecchio spirito del bosco viene condotto a rivivere e santificare la nuova terra conquistata, assoggettata, proprio lì al “centro del mondo” , dove si può arrivare a toccare il cielo, tenendolo però a distanza, quasi a non lasciarlo cadere addosso. Ma in fondo cosa muove questo riscatto verso forme culturali definitive se non la paura della morte, del non esserci. Una paura che non lascia spazio all’azione, che immobilizza . E cosa meglio dell’albero può rappresentare per l’uomo il come se , il ripetersi ciclico della vita umana, che nasce, si innalza verso il cielo per ricadere e rigenerarsi . Impresa già riuscita all’Homo Erectus , in grado di innalzarsi, unico animale, a somiglianza della pianta. Mondo animale e mondo vegetale sono uniti nella vita e nella morte nel maggio di Pastena. In questa cerimonia il rito agrario ed il rito funerario sono strettamente connessi. Il trasporto della pianta tagliata dal bosco fino alla città è un corteo funebre. Le soste, l’offerta di cibo, il corteo ripropongono il funerale, il corteo funebre di quel Lazzaro Boia che De Martino conosce e racconta nella Romania degli anni 50. 3A Pastena è accanto al cimitero che la pianta tagliata si ritrova a mezzogiorno, in quella curva di S. Antonio dove vengono offerti e consumati alimenti e bevande come in un recunzolo. Ruoli e protagonisti Già nelle prime fasi del “maggio” è marcata la differenziazione dei ruoli maschili e femminili. All’uomo spetta l’attivarsi già nella ricerca e nella scelta della pianta e poi nel suo taglio e trasporto. Le donne sono delegate alle funzioni nutritive. Esse se ne stanno fuori dal lavoro convulso, a guardare che gli uomini si attivino, e mantengono, così come nella vita ,una presenza stabile e mediatrice tra padri e figli, adulti e adolescenti, tra la tradizione ed il suo rinnovarsi. Come in Toscana, dove nei riti primaverili era previsto un capomaggio, a Pastena Il rito prevede un capo . La figura del Mastro di festa può farsi risalire anche etimologicamente all’antico “Majral”, al “Magister”, l’uomo sacerdote che dirige le cerimonie religiose per la divinità, fungendo esso stesso da tramite. Nei pressi di Lenola , a confine con Pastena, in località valle Fusica è stata rinvenuta una iscrizione di un Rex Sacrorum , 4figura che nella prima Roma Repubblicana nasce dopo la divisione dei due poteri, quello politico e religioso , prima entrambi ricondotti al re. |