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Intorno alle sette del mattino  del 30 aprile il prete recita sotto l’albero scelto dalla commissione di anziani alcune litanie che hanno sostituito l’orazione di Zi Peppe, tramandatasi oralmente ed ora andata perduta con la sua morte.

            Si può  iniziare a tagliare.                                                                 

            Dopo il Mastro, tutti gli altri,  uno ad uno danno i loro colpi d’ascia per l’abbattimento della pianta.

            Le azioni nel bosco vedono l’esclusiva partecipazione degli uomini, e si ricollegano ad arcaiche scene di caccia.

            Contribuire al taglio della pianta , almeno con un colpo d’ascia, è per i più anziani dimostrazione di vigore ed occasione di rigenerazione.

            La loro è una osservazione partecipe, di chi nella continuità cede pian piano il testimone ai più giovani.

            Le litanie del prete rappresentano probabilmente un residuo dell’antico pianto stagionale per la pianta tagliata, descritto in altre culture.

            I buoi, gli agricoltori e la giovenca, che sono appunto ad attendere fuori dal bosco, diventano i protagonisti nel terreno agricolo, sui campi seminativi, solcati nel rito propiziatorio dal tronco-aratro che li attraversa, legato a coppie di buoi, fino al paese dove il tronco è condotto  restandone  fuori le mura fino alla mezzanotte.

            Non sono pochi i paesi nel Lazio che come nel caso di Pastena   nella loro struttura urbana conservano una strada  rettilinea che da una porta di accesso permette di giungere fino alla sommità dell’acropoli per la definitiva collocazione dell’albero.

 

 

Cristianesimo  e mondo magico

 

La notte del 30 aprile  per tre volte il prete percuote la porta della casa del Mastro, che finalmente si apre per accogliere la croce, il legno santo, per tutta la durata della festa.

Il mastro ,dal quel momento offre ospitalità a tutti, e ciascuno viene rifocillato con ciambelle, vino ed altri dolci, a volontà.

In questa cerimonia de l’abbusso è evidente il sincretismo religioso tra mondo magico e cristianità.

La Chiesa ha cercato di far coincidere queste feste col suo calendario, ma in genere i rapporti con questi riti sono stati sempre alquanto vivaci.

            Il Concilio Cartaginese nel 397d.C. condannò il culto pagano degli alberi. Il Sinodo di Alba (1626) e di Alessandria (1702) proibirono il Calendimaggio.5       

Ma se a Pastena ancora oggi sopravvive come in una nicchia preistorica questa cerimonia arcaica lo si deve anche alle sovrapposizioni cristiane che hanno in qualche modo  ricondotto ad una sacralità ufficiale e quindi accettabile dalla comunità  ciò che sarebbe stato cancellato dal tempo:

Dal sacrato della Chiesa viene liberata la giovenca;

Il mastro è sorteggiato e benedetto in Chiesa;


5 I. Sordi; I riti primaverili dal carnevale al calendimaggio ;La ricerca folklorica, n°6 , 1982